Il Corpo e la Luce, è questa la tematica fondamentale che la scultrice Alessandra Aita ci presenta nella sua produzione artistica. Le sue sculture di legno, nate dall'assemblaggio di materiali di recupero ritrovati lungo i fiumi, sono figlie del tempo. Il legno logorato e consumato dagli elementi dà forma a splendide composizioni solenni ed enigmatiche. Questi corpi di legno consumati dal tempo hanno un fascino materico primordiale che ricorda la scultura primitiva. Corpi calcificati, ridotti a ossa, come fossili, esibiscono un esoscheletro rigido e coriaceo. Essi sono come cadaveri antichi recuperati da scavi archeologici. Ma dentro questi corpi avviene qualcosa di prezioso e incantevole, nella loro interiorità possiamo infatti osservare il dipanarsi del miracolo della vita. Le sculture sono infatti “animate” da una fonte di luce che riscalda e resuscita la morta materia per creare delle creature viventi. Il nucleo di luce mistica di queste sculture si irradia in modo magistrale, creando fra le fessure del legno effetti di chiaroscuro incisivi e cangianti. E' il gioco della materia che occulta lo spirito, e dello spirito-luce che, possente, travalica e trascende la materia per esprimersi liberamente e riversarsi nel mondo. Le lampade che Alessandra Aita costruisce con il medesimo procedimento sono lampade spirituali, che convogliano e accompagnano la profusione della luce spirituale nell'ambiente. Il tutto è pura meraviglia, lo spettacolo della vita che si manifesta attraverso e oltre la materia nel modo più intimo e commovente.
Ivan Buttazzoni, Filosofo e critico d'arte
L'arte di Alessandra Aita si fonda sul contrasto e l'accostamento fra corpo e anima, materia e spirito. I corpi di legno delle sue sculture sono come ruvide corazze corrose dal tempo che si aprono per lasciar trapelare la preziosa essenza vitale che da loro s'irradia in modo incandescente. La scultrice abbina magistralmente il legno, elemento arcaico, e la moderna tecnologia luministica, per creare opere d'incantevole splendore. La luce nelle sue sculture e nelle sue lampade assume il significato mistico di “luce spirituale”, scintilla divina che abita all'interno dei corpi. Corpi che lei costruisce con un lavoro paziente e antico, utilizzando materiali di recupero che vengono assemblati per raggiungere poetiche sembianze umane.
Gli uomini e le donne scolpiti da Alessandra Aita sono carichi di vita interiore, le fisionomie sono introspettive, le anatomie pervase da cocente dinamismo psichico, seppure bloccate nella loro statuaria fissità. Ma l'interiorità ricca di questi personaggi è talmente preponderante da spezzare e travalicare la forma e tradursi in luce, la più pura sublimazione della materia. Materia e Spirito, Corpo e Anima sono quindi messi in gioco in queste sculture ed utilizzati per produrre un contrappunto fatto di metafore e continue allusioni luministiche e chiaroscurali, al fine di tradurre in forma l'essenza e la bellezza interiore ed esteriore degli esseri umani.
Ivan Buttazzoni, Filosofo e critico d'arte
Il futuro dell’uomo in un piccolo elemento di natura
C’è chi, incontrandoli sul cammino, non se ne cura e li scavalca, li calcia o li calpesta e c’è chi, invece, ne coglie subito l’utilità per improvvisare un guado, una diga, per giocare con il cane o alimentare il camino. Anche Alessandra Aita osserva quei legnetti chiari e levigati che punteggiano i greti dei fiumi friulani o si accumulano lungo gli arenili nella stagione invernale, perché in essi scorge un valore estetico. Non scontati brandelli di legno, ma oggetti belli e complessi, tanto da farne materia prima delle sue opere.
Da qui inizia il percorso creativo: dalla scelta meditata di rami consunti, ridotti ormai a semplici cilindri irregolari, volumi essenziali e puliti, ma tutti diversi. Come una tessera per il mosaico, così il legnetto raccolto diventa il tassello per la composizione di una scultura: elemento unico e fondante che già in sé racchiude una storia di viaggio e trasformazione, dal distacco dalla pianta madre a un imprevedibile incaglio, a pochi passi dall’acqua.
Di quei frammenti lignei Alessandra Aita si serve per raccontare una storia più grande e attuale. Con un progetto in mente, precedentemente fissato in qualche schizzo, inizia la ricerca, proprio a pochi passi dall’acqua, dei pezzi giusti per aspetto e tonalità, lunghezza e movimento. Queste unità minime, selezionate d’istinto, vengono poi dall’artista accostate ed assemblate in studio con un lavoro paziente capace di costruire e sviluppare delle forme cave, la cui superficie ondulata è interrotta da piccole fessure, in una trama di pieni e vuoti.
Nasce così il ciclo delle grandi figure che non nascondono l’origine naturale (non c’è sovrapposizione di colore a confondere la materia, né qualche griglia interna di sostegno): il loro involucro, che fa anche da struttura, è dato dalla somma di quei legnetti lasciati come sono stati trovati. Queste sculture non temono per dimensioni un confronto con la realtà e il loro messaggio è affidato alla posizione del corpo più che alla trattazione dei dettagli anatomici. Modellate in modo sintetico e asciutto, le figure, spoglie, hanno proporzioni verosimili e sono descritte in una effettiva posa umana che oltre a evidenziare i profili curvi delle natiche, delle spalle, del seno o delle ginocchia, testimonia l’abilità dell’artista nel costituire, con l’unione di elementi rigidi, piani dall’andamento morbido che invitano ad una carezza.
Se all’apparenza, per la loro esecuzione, si direbbero uomini e donne figli della natura, nei loro atteggiamenti si mostrano incapaci a vivere in armonia con essa, se ne allontanano e sopravvivono in un isolamento che è anche distanza dai propri simili. Eppure, forse perché realizzate con quei legni rimasti integri dopo vari accidenti, queste figure anelano alla natura, a ripristinare un rapporto con il mondo circostante di cui paiono aver dimenticato le modalità di comunicazione. La denuncia che la comprensione e il contatto profondo tra gli uomini si sono fatti sempre più difficili, spesso offuscati dalla mediazione di strumenti tecnologici e canali virtuali, è prova della consapevolezza da parte dell’uomo del suo malessere interiore.
Ecco che le sculture di Alessandra Aita raccontano proprio questa volontà di rompere con atteggiamenti e consuetudini superficiali e comuni per avviare una riflessione che preannuncia la Rinascita(per citare il titolo di un’opera). Nell’animo dunque, anche nel momento dello sconforto, una luce rimane sempre accesa che viene vivificata dal legame con la natura, svelando la via di speranza per il futuro.
Giorgia Gemo, Storica dell'arte
Osservando la natura con empatia, Alessandra Aita sceglie e raccoglie i frammenti di legno dilavati dal tempo sulle rive dei fiumi. Sono questi frammenti i segni essenziali che compongono le sue opere, le tessere dei suoi mosaici, le cellule dei suoi organismi scultorei.
Le sue figure sono avvolte da una pelle vissuta, che comunica il senso del tempo e della relatività dell’individuo nella condizione umana. Sono organismi che non hanno una scadenza temporale, poiché sono composti con una materia che ha già terminato un ciclo di vita e che rinasce in una nuova forma. In questo ci sorprendono.
I frammenti di legno assemblati ci comunicano un senso di vita superficiale della materia, tale da trascendere la limitata condiziona umana, che invece viene evocata in maniera esplicita dalle sue figure antropomorfe. Dall'accostamento dei due termini, come nelle composizioni dadaiste, scaturisce un messaggio profondo che ci porta a riflettere sulla condizione umana, che è sempre contemporanea e non è legata ad una specifica epoca, presente, passata o futura.
Nella sua opera affiora la mistica del dualismo tra contenitore e contenuto, significante e significato, ed alla forma ruvida della materia, l’artista contrappone la luce immateriale, che riempie il calco dei suoi gusci antropomorfi e trasuda dai pori della pelle legnosa delle sue figure.
Luca Bocchini, Critico d'arte
Le figure di Alessandra Aita aspettano inquiete delle risposte, si protendono cercando un contatto, bramano una ragione che dia significato alla loro esistenza. Hanno già conosciuto lo smarrimento e l’abbandono e sanno, sulla loro pelle, cosa significa superare le intemperie della vita, eppure rimangono in attesa, pervase di speranza, di forza, di luce. Sono come quei pezzetti di legno che le compongono, sopravvissuti alle forze della natura e allo scorrere del tempo, levigati e consunti e, proprio per questo, pieni di dignità e bellezza. Una bellezza che Alessandra Aita è capace di scorgere mentre li raccoglie sul greto del Tagliamento, fiume lungo cui va a passeggiare fin da bambina. Gli studi e la formazione artistica le consentono poi di comporre, con quei semplici elementi, forme umane, tridimensionali, dai volumi proporzionati e dalla superficie ruvida, articolata nel succedersi di pieni e vuoti e nel gioco grafico delle linee.
D’altro lato le sue figure non potrebbero che concretizzarsi per mezzo di quegli umili legnetti, che da scarti, diventano materia prima sostenibile e preziosa nella sua varietà. In tale scelta è già contenuta parte della riflessione sull’uomo contemporaneo che è al centro dell’arte di Alessandra Aita: la difficoltà dei rapporti, la necessità di un dialogo con la propria coscienza, la volontà di rompere schemi imposti per ascoltare le emozioni, l’isolamento e, di contro, la potenza di un abbraccio, la scoperta delle proprie risorse, l’accettazione di sé e del prossimo, la ricerca di nuove prospettive. C’è una riposta fiducia nell’essere umano che allontana le sculture da una visione drammatica per collocarle in un’atmosfera sospesa, di riflessione, quasi spirituale. Un nuovo futuro si presenta all’uomo se sarà in grado di considerare con sguardo semplice il mondo che lo circonda, fino a stupirsi anche di quei lacerti di rami lasciati dalle correnti sulle rive dei fiumi.
Giorgia Gemo, Storica dell’arte
Con il bosco dentro le viscere
Arrivano per acqua i frammenti lignei che l’artista raccoglie e assembla per comporre le sue opere. Per acqua viaggia il bosco quando i suoi abitanti caduti di vecchiezza o di bufera, dai fiumi vengono spogliati della loro veste vegetale e affidati alla foce come nude essenze. Ma pur in frammenti e residui lontani dall’interezza il bosco resta, trasformando in altro ciclo la sua apparenza. Nascono opere, corpi, volti che l’artista, la giovane, geniale Alessandra Aita espone al castello di Padernello in una mostra, Humans, allestita negli affascinanti spazi delle antiche stanze della servitù, dove la luce proietta ombre donando plasticità alle figure morbidamente modellate dai relitti arborei. Un profilo femminile dagli aerei capelli fatti di radici si avvicina all’uomo librata nell’aria per un bacio in volo, una silhouette umana aprendo il petto con le mani rivela un bosco illuminato di sole al posto delle viscere, svelando l’essenza di questo progetto creativo di vibrante spiritualità: l’uomo è impastato di bosco, consanguineo della natura da cui si è colpevolmente separato per approdare, a spalle girate, a un raggelante comunicare virtuale.
Costanza Lunardi
A otto anni Alessandra camminava sul greto del Tagliamento, fiume friulano in cui passeggiava con la sua famiglia, e raccoglieva legnetti perché in quella materia abbandonata c’era qualcosa che la chiamava. Forse non scorgeva già i corpi, gli “umani” che avrebbe creato vent’anni dopo, ma la poesia, quel richiamo ancestrale a ciò che siamo, alla natura, alla materia che cerca una voce per raccontarsi, era già insita in quegli incontri infantili.
Dopo l’esposizione estiva a Palazzo Martinengo, Alessandra Aita porterà sedici opere di cui una inedita del suo progetto Humans al Castello di Padernello (inaugurazione sabato 7 settembre alle 18, fino al 31 ottobre). “La mostra - commenta l’artista - indaga il rapporto tra esseri umani, tra uomo e natura, i sentimenti, la distanza che provoca la tecnologia sull’umanità. Ogni opera racchiude un suo messaggio e pone domande, riflessioni, constatazioni”. Nata a San Daniele del Friuli nel 1983 Alessandra eredita dalla sua terra l’interesse per il legno come materia prescelta per le sue sculture e la natura che ama e frequenta fin dall’infanzia. Per creare i suoi lavori parte da un’ispirazione che trascrive in disegno. Poi esce e va a cercare il materiale adatto alla sua creazione perché ogni legno ha una sua storia e dentro quella storia c’è già un pezzo dell’opera. Le figure che crea sono uomini, donne, a volte solo volti, parti di corpi.
C’è una figura femminile che avanza verso il futuro e, nel procedere, il corpo si sfalda quasi a liberarsi dal superfluo, da ciò che la tormenta. C’è poi un uomo nel cui petto si apre un’immagine di un bosco luminoso “perché si riscopre essere parte della natura che in realtà è dentro di lui”. In mostra a Padernello ci sarà un inedito, una scultura con al centro l’uomo e il suo desiderio di onnipotenza. “Dove porta il desiderio scatenato dell’umanità contemporanea? Dove conducono il materialismo e il consumismo esacerbati?” Le domande da cui nasce quest’opera portano a riflettere sull’umanità contemporanea, dove l’equilibrio della natura, ormai distrutta e consumata, è solo un pallido ricordo. L’atteggiamento interiore che ne consegue è la disperazione – e quindi l’immagine dell’uomo che mette le sue mani sulla testa in quel gesto – dovuta alla separazione da un mondo perduto. Il mondo è perso?
Alessandra prova a raccontare chi siamo oggi, non senza speranza, se guardiamo a quella luce che esce dai corpi. “L’uomo è sempre più lontano dalla natura – commenta l’artista figlia del pittore Bruno Aita – ma noi ne facciamo parte e dovremmo riuscire a riavvicinarci”. L’artista ha appena terminato un’istallazione per Artinbosco, un percorso espositivo in un parco in Svizzera. A fine settembre sarà a Bergamo per una collettiva, poi si prenderà un momento di pausa. Il legno utilizzato dalla Aita è già di per sé racconto di un vissuto travagliato. “Sopravvissuti alle forze della natura e allo scorrere del tempo, levigati e consunti, e proprio per questo, pieni di dignità e bellezza – li descrive così la critica d’arte Giorgia Gemo e aggiunge - le sue figure non potrebbero che concretizzarsi per mezzo di quegli umili legnetti che, da scarti, diventano materia prima sostenibile e preziosa nella varietà”. Una speranza poetica c’è. “C’è una riposta fiducia nell’essere umano che allontana le sculture da una visione drammatica per collocarli in una dimensione quasi spirituale”.
Maria Zanolli